REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO di ROMA
SEZIONE VIII CIVILE- II Collegio
Composta dai magistrati:
dott. Giampiero Barrasso Presidente
dott. Giuseppe Staglianò Consigliere
dott.ssa Gemma Carlomusto Consigliere Rel.
ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al n° 3472/2014 RG vertente
TRA M.D.T
elettivamente domiciliato in Roma v. Crescenzio n. 2, presso lo studio dell’Avv. Adolfo Zini che lo rappresenta e difende, con per procura in calce alla citazione introduttiva.
APPELLANTE
E
M.C.
elettivamente domiciliato in Roma v. dell’Oceano Atlantico, n. 37/H , presso lo studio dell’Avv. Tito Festa che con l’Avv. Alessio Festa lo rappresenta e difende, per procura a margine della comparsa di costituzione.
APPELLATO
E
A.M.
elettivamente domiciliato in Roma, v, Emilio de’ Cavalieri, 11, presso lo studio dell’Avv. Aldo Fontanelli che lo rappresenta e difende, per procura in calce alla comparsa di costituzione
APPELLATO
E
F. sas di M. M.
in persona del l.r.p.t.,elettivamente domiciliato in Roma v. Eredia n.12 , presso lo studio dell’Avv. Carlo Testa che lo rappresenta e difende, per procura in atti.
APPELLATA
E
GENERALI ITALIA spa
già INA-ASSITALIA spa,in persona dei l.r.p.t. elettivamente domiciliati in Roma v. Carlo Poman. 4, presso lo studio dell’Avv. Paolo Gelli li rappresenta e difende, per procura generale alle liti in
atti
APPELLATA
E
UNIPOLSAI Assicurazioni spa
in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliato in Roma v.le Regina Margherita n. 270, presso lo studio degli Avv.ti Paolo e Roberto Bagnardi lo rappresentano e difendono, per procura a margine
della comparsa di costituzione
APPELLATA
E
S.V., F.C.
contumaci
APPELLATI
OGGETTO : Occupazione senza titolo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
M. D. T. ha proposto appello nei confronti di M. C., S. V., A. M., F. s. di M. M., Generali Italia spa, Unipol Sai spa e F. C., avverso la sentenza n. 9701/2013 del Tribunale Civile di Roma, depositata il 06.05.2013, che ha accolto la domanda proposta nei suoi confronti da M. C., lo ha dichiarato occupante sine titulo del posto auto, sito in Roma v. Gide n. 29,contrassegnato col n.20, condannandolo al rilascio dello stesso, ed ha rigettato tutte le ulteriori domande.
In prime cure, M. C. ,a fondamento delle proprie domande, aveva esposto di aver acquistato con atto di compravendita del 22.05.1991, il posto auto sito in Roma, via Gide n. 29, contrassegnato con il n. 20,mentre il De Tommasi, con rogito del 02.03.2005, aveva acquistato da S. V. il posto auto contrassegnato con il n. 22, ma era stato immesso nella detenzione del posto auto n. 20.
Il D.T., costituitosi in giudizio, aveva domandato il rigetto della domanda attorea ed in subordine, in riconvenzionale aveva chiesto di chiamare in causa l’agente immobiliare F. s. di M. M., il notaio rogante dott. A. M., e la venditrice S. V.,per ottenerne la condanna a tenerlo indenne dalle conseguenze negative derivanti dalla domanda del C. ed a risarcirgli il danno subito.
Autorizzata la chiamata in causa, la F. s. si era costituita in giudizio chiedendo il rigetto della domanda del convenuto nei suoi confronti; si era costituita anche S. V., che aveva chiesto il rigetto della domanda attorea ed, in subordine di chiamare in causa il proprio dante causa F. C. per esserne garantita; si era costituito,infine, A. M., che aveva
chiesto il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti ed, in subordine, la liquidazione del danno nei limiti dell’importo effettivamente provato; il medesimo aveva, inoltre, domandato ed ottenuto di chiamare in causa Assitalia spa e la coassicuratrice Unipol spa, affinchè lo manlevassero .
Ina Assitalia spa e Unipol spa si erano costituite in giudizio, chiedendo il rigetto delle domande avversarie proposte nei confronti del notaio ed in subordine di graduare le responsabilità. Si era costituito, anche F. C. chiedendo il rigetto della domanda proposta dalla Vichi nei suoi confronti.
Il Tribunale, dopo aver disposto ctu, ha accolto la domanda principale attorea, in considerazione dell’assenza di prova dell’eccepito rapporto pertinenziale e dell’assenza di errori nella descrizione degli immobili nei titoli di acquisto delle parti e dell’incontroversa occupazione da parte del De Tommasi del box acquistato dal C. ed ha conseguentemente ordinato il reciproco rilascio. Il primo giudice ha rigettato, invece, la domanda risarcitoria dell’attore a motivo dell’incontroverso utilizzo da parte del C.di un box-auto di tipologia e valore economico non molto diverso da quello acquistato e, dunque, dell’assenza di prova di un apprezzabile pregiudizio; ha rigettato la domanda riconvenzionale del convenuto nei confronti del notaio M. a motivo dell’incontroversa corrispondenza del box trasferito con l’ atto pubblico redatto dal notaio con quello risultante nella titolarità della venditrice S. V.; ha rigettato la domanda riconvenzionale nei confronti dell’agente immobiliare, F. s. , ritenendo insussistenti eventuali violazioni del dovere di diligenza o degli obblighi derivanti dall’incarico ricevuto; infine ha rigettato la domanda riconvenzionale del De Tommasi nei confronti della Vichi, sull’assunto che la medesima risulta aver ricevuto, a sua volta, dal suo dante causa – F. C.- il possesso del box di proprietà di M.C..
In questo grado il De Tommasi si duole di tale pronuncia, in primis, in relazione alla declaratoria della propria occupazione sine titulo del box auto n.20, lamentando un’erronea valutazione dell’eccezione relativa all’ esistenza di un rapporto pertinenziale tra tale box e l’appartamento acquistato dalla Vichi, asserendo trattarsi di fatto non controverso, sia in relazione al rigetto delle domande proposte in via riconvenzionale nei confronti dell’agente immobiliare, del notaio rogante e della venditrice.
Si sono costituiti nel grado M. C., A. M., F. s. , Generali Italia spa già Ina-Assitalia spa ed Unipolsai Assicurazioni spa ed hanno chiesto il rigetto del gravame. F. C. e S. V. sono rimasti contumaci.
Tanto premesso breviter in fatto, vanno disattese, in linea preliminare, le eccezioni di inammissibilità dell’appello, ex artt 348 bis e 342 cpc, formulate dagli appellati costituiti, atteso che la corrente interpretazione di legittimità (per tutte Cass.S.U. 16.11.2017 n. 27199) ritiene che l’art 342 cpc richieda che “al giudice siano indicate, oltre ai punti e ai capi della decisione investiti dal gravame, anche le ragioni, correlate ed alternative rispetto a quelle che sorreggono la pronuncia, in base alle quali è chiesta la riforma, cosicchè il quantum appellatum resti individuato in modo chiaro ed esauriente”… senza necessità di utilizzare formule sacramentali o di predisporre progetti alternativi di decisione ,in considerazione della perdurante natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, che continua ad essere diverso rispetto alle altre impugnazioni a critica vincolata. Nella fattispecie in esame i punti contestati della decisione del primo giudice, ancorchè con forme ridondanti, sono chiaramente individuati nella citazione in appello, come pure i motivi che dovrebbero fondarne la riforma, ed infatti, ciascuno degli appellati costituiti ha potuto esercitare compiutamente i diritti di difesa, confutandone estesamente la fondatezza.
Nel merito, il primo motivo di gravame non può essere accolto: il De Tommasi lamenta un’erronea valutazione delle risultanze istruttorie da parte del Tribunale per aver ritenuto non provato il rapporto pertinenziale tra l’unità immobiliare acquistata dal medesimo appellante ed il box-auto n.20 , assumendo trattarsi di circostanza non contestata e dunque ex art 115 cpc non necessitante di ulteriore prova.
L’assunto è privo di pregio: è ,infatti, del tutto irrilevante, ai fini della non-contestazione dei fatti posti a fondamento della domanda proposta in prime cure da M. C., il rilievo che la dante causa dell’appellante, S. V., e F. C., a sua volta dante causa di quest’ultima, non abbiano messa in dubbio l’esistenza del dedotto rapporto pertinenziale (stante l’evidente interesse al riguardo),mentre il medesimo rapporto risulta espressamente e reiteratamente contestato da M. C., sin dalla prima memoria autorizzata ex art 183, 6° co cpc, in primo grado.
Di converso correttamente il Tribunale ha ritenuto il rapporto pertinenziale non adeguatamente provato dal solo utilizzo in fatto del box da parte dei danti causa dell’appellante, atteso che il medesimo esige, invece, un diretto collegamento del bene a servizio durevole e funzionale di un altro specifico bene (con connotazioni di specificità, trattandosi di unità immobiliari con caratteristiche analoghe) e l’oggettiva manifestazione di volontà dell’avente diritto di destinare in modo duraturo quel bene accessorio a servizio o ornamento del bene principale.
Nel caso in esame nulla è presumibile in ordine alla volontà dell’originaria unica proprietaria degli immobili(soggetto diverso dal genitore dei C. F.), risultando , semmai, il contrario dagli atti di compravendita delle parti,depositati in giudizio, atteso che la società costruttrice del fabbricato, Ircos spa, vendeva a C. F., assieme all’appartamento interno 9, il box distinto con il numero 22, ,e vendeva a M. C. il box distinto con il numero 20 unitamente con l’appartamento interno 10.
Del tutto condivisibile è, dunque, la decisione del Tribunale in punto di occupazione sine titulo e di condanna al rilascio ,fondata sulla piena corrispondenza tra i dati catastali identificativi degli immobili contenuti nei titoli di acquisto delle parti con le risultanze iscritte in Conservatoria dei RR.II e verificate dal ctu, nonché sull’incontroverso utilizzo in fatto da parte dell’odierno appellante del box auto acquistato da M. C..
Passando all’esame degli ulteriori motivi di gravame, con cui il De Tommasi si duole del rigetto delle domande riconvenzionali proposte nei confronti di A. M., F. s. e di S. V., le valutazioni del Tribunale possono essere confermate solo in relazione ai primi due chiamati in causa.
Il Tribunale ha escluso la configurabilità di responsabilità professionale per il notaio Mantella poiché nell’atto rogato dal medesimo sono stati trasferiti al De Tommasi proprio l’appartamento ed il box auto che, secondo le risultanze iscritte in Conservatoria dei RR.II, anche in termini di continuità delle trascrizioni, risultano essere di proprietà della venditrice S. V.. Non si ritiene di doversi discostare da tale valutazione.
Infatti, non v’è dubbio che il notaio officiante un contratto di compravendita immobiliare sia tenuto ad effettuare le visure catastali e ipotecarie atte ad individuare esattamente il bene ed a verificare che il medesimo sia libero da vincoli, al fine di accertarne la condizione giuridica, nonché a compiere ogni ulteriore verifica di natura tecnica o giuridica ,idonea ad assicurare il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti . (in tal senso Cass. n. 11296 del 12/06/2020;Cass. n. 24733 del 2007; Cass. 23/7/2004, n. 13825).
Nel caso in esame l’atto giuridico rogato risulta del tutto idoneo al conseguimento del risultato pratico cui è diretta la manifestazione di volontà delle parti (i.e. il trasferimento dell’unità immobiliare int 9 e del box auto n.22).
La circostanza che l’immissione in possesso (che costituisce obbligazione della venditrice) non abbia avuto esecuzione conforme alla volontà manifestata nel rogito non può valere a fondare la responsabilità del notaio, non rientrando tra le obbligazioni professionali assunte dal medesimo. Ne vale ad indurre a diversa conclusione la considerazione che il M. nel predisporre una relazione preliminare per la concessione del mutuo, necessario a procurate la provvista per l’acquisto, abbia attestato che il box n.22 fosse nella “ piena ed esclusiva proprietà superficiaria e nella disponibilità di S. V.”,poiché nel presente giudizio l’appellante non si duole della mancata immissione nel possesso del box 22 , ma fonda la responsabilità del professionista sull’impossibilità di conservare il godimento del box 20, che ha erroneamente ricevuto. Egualmente condivisibili sono le valutazioni del Tribunale circa l’esclusione di violazione del dovere di diligenza o degli obblighi assunti dall’agente immobiliare F. s. di M. M. La S. Corte in plurimi arresti ( Cass. n. 23422 del 19/09/2019; Cass. n. 8849 del 05/04/2017 ;Cass n19075 del 06/11/2012; Cass. n. 15926 del 07/07/2009;Cass. n. 15274 del 04/07/2006) ha ritenuto non rientrare nella comune ordinaria diligenza, alla quale il mediatore deve conformarsi nell’adempimento della sua prestazione, ai sensi dell’art. 1176 c.c., lo svolgimento, in difetto di espresso incarico, di specifiche indagini di tipo tecnico o giuridico.
Pertanto, in caso di intermediazione in compravendita immobiliare come quello in esame, non può ritenersi ricompreso nella prestazione professionale del mediatore l’obbligo di verificare la correttezza e verificare l’esatta identificazione catastale degli immobili, oggetto delle trattative che ha curato, laddove la parte venditrice si affermi titolare del relativo diritto dominicale e produca il titolo di acquisto.
A diverse considerazioni si perviene in relazione alla domanda riconvenzionale proposta dall’appellante nei confronti della venditrice S. V..
La medesima, contrariamente a quanto indicato nel punto 3 dell’atto di compravendita con il De Tommasi, del 02.03.2005,depositato in atti, ha immesso l’appellante nel possesso di un bene diverso(box n.20) da quello indicato nel rogito (box n. 22)ed effettivamente trasferito, e risulta che il De Tommasi ha dovuto restituire il box n.20 all’effettivo proprietario, onde non è corretto il richiamo all’assenza di colpa della Vichi, utilizzato nella sentenza gravata, al fine di fondarne l’esonero da responsabilità della venditrice.
Infatti,in caso di evizione, il diritto del compratore di far valere la relativa garanzia non si fonda sulla colpa del venditore e sulla conoscenza o conoscibilità, da parte sua, della possibile causa di evizione, ma deriva da un obbligo imposto da una prescrizione generale di contenuto normativo, assistita da una presunzione legale di conoscenza .(cfr . Cass. n. 5561 del 19/03/2015). Ne consegue che sul punto la sentenza impugnata deve essere riformata.
Inoltre,dalle incontestate conclusioni del ctu, nominato in primo grado, emerge che il box auto n.20, che il De Tommasi riteneva di aver acquistato e che poi ha restituito ,è di dimensioni (mq 42,78) maggiori di quello effettivamente trasferitogli(mq 35,43) e risulta munito di un sistema di apertura automatizzato di cui non dispone il box n.22.
Tali diverse caratteristiche importano una differenza di valore che è stata stimata dal tecnico in € 8,635,00 ed in tale importo può quantificarsi il danno subito dall’appellante, di cui la Vichi è responsabile ex art 1483 cc.,non essendo stata formulata richiesta per ulteriori voci di danno .
Tale somma dovuta in restituzione del maggior prezzo pagato ha natura di credito di valuta, poiché prescinde dalla colpa, anche solo presente, del venditore,e dunque, in assenza di prova di un maggior danno da ritardo, su di essa non va riconosciuta la rivalutazione monetaria.(Cass. n. 15754 del 10/07/2014; Cass. n. 2541 del 1999 ).
In conclusione ,alla luce di quanto considerato, l’appello proposto dal De Tommasi è meritevole di accoglimento limitatamente alla domanda riconvenzionale proposta nei confronti di S. V.che è stata erroneamente rigettata ed in tal senso la sentenza gravata va riformata.
Le spese di lite seguono la regola della soccombenza nei confronti di tutte le parti,ivi comprese quelle tra l’appellante e la Vichi e vengono liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte d’Appello di Roma, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza disattesa, così decide:
-in accoglimento, per quanto di ragione, dell’appello proposto da M. D. T. nei confronti di S. V., ed in parziale riforma della sentenza n. 9701/2013 del Tribunale Civile di Roma, depositata il 06.05.2013,condanna la Vichi al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 8.635,00 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo;
-rigetta l’appello proposto da M. D. T. nei confronti di M. C., A. M., F. s. di M. M., Generali Italia spa, Unipol Sai spa e C. F. avverso la medesima sentenza n. 9701/2013 del Tribunale Civile di Roma, depositata il 06.05.2013;
– condanna l’appellata S. V. alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi in favore dell’appellante che liquida,per il primo grado in € 4.835,00 per compenso, oltre Iva,Cpa e rimborso forfetario ed oltre quelle per la disposta ctu,come liquidate in separato decreto, e per il secondo grado, in € 309,00 per esborsi ed € 3.777,00 per compenso, oltre Iva,Cpa e rimborso forfetario;
– condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite in favore di M. C., A. M., F. s. di M. M., Generali Italia spa, Unipol Sai spa che liquida,per ciascuna parte in € 3.777,00 per compenso, oltre Iva,Cpa e rimborso forfetario;
-nulla per il contumace C. F.;
Roma,25/05/2021
IL PRESIDENTE
Dott. Giampiero Barrasso
IL CONSIGLIERE REL.
Dott.ssa Gemma Carlomusto
CORTE D’APPELLO di ROMA, SENTENZA N. 4119 del 2021, GIUDICE DOTT. SSA GEMMA CARLOMUSTO, INEDITA