Omissis…”Parte attrice ha invocato, nei confronti del condominio, la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.
L’art. 2051 c.c esonera la vittima dall’onere di provare la colpa del custode, ma non la esonera dall’onere di provare l’esistenza del nesso causale tra la cosa ed il danno.
Per l’applicazione dell’art. 2051 c.c., infatti, è necessario che il danno sia stato arrecato non già “con la cosa”, sebbene “dalla cosa”. Sussiste questo requisito quando la cosa in custodia non entra come mera occasione nel processo produttivo del danno, ma è essa stessa causa o concausa del danno: vuoi perché arrecato dalla cosa direttamente, a causa del suo intrinseco potere, vuoi perché arrecato da un agente o processo dannoso insorto od eccitato nella cosa (Cass. 12/6/1973 n. 1698). Così, ad esempio, è danno arrecato “con la cosa”, risarcibile ex art. 2043 c.c., la lesione cagionata dolosamente con un corpo contundente; è danno arrecato “dalla cosa” la lesione cagionata dall’esplosione di una bombola di gas liquido.
Nel caso in esame, tuttavia, deve escludersi che il danno sia stato arrecato direttamente dalla cosa, ovvero da un agente dannoso insorto in essa.
Infatti il gradino creatosi in seguito all’arresto dell’ascensore ha avuto un ruolo meramente passivo nella codeterminazione del sinistro, la cui causa in senso tecnico è stata la caduta dell’attrice, a sua volta causata dalla perdita di equilibrio.
Nel senso appena indicato si riscontra un nutrito orientamento del giudice di legittimità: ad esempio, Cass. 24/11/1979 n 6148, in Giur. It. 1980, I, 1, 557 e Cass. 24/1/1975 n. 280, in Giur. it. 1978, I, 1, 2044, hanno escluso l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. ai danni subiti dal cliente di una banca scivolato sul pavimento bagnato, affermando che tale norma non può trovare applicazione nell’ipotesi di danni che non derivino dalla cosa in sé, ma da comportamenti dolosi o colposi di chi la detiene. Con la stessa motivazione, Cass. 23/3/1992 n. 3594, in Foro it. 1993, I, 198, ha escluso l’applicabilità dell’art 2051 c.c. ai danni subiti da un avvocato nel discendere da una pedana in un’aula di giustizia (e tante altre ancora: ad esempio, Cass. 27/3/1972 n. 987, in Resp. civ. prev. 1972, 547, con la quale è stata esclusa l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. in materia di danni subiti dal cliente di un negozioscivolato sul pavimento umido; Cass. 16/2/1976 n. 506, in Arc. Civ. 1976, 1209; Cass. 6/7/1978 n. 3364, inedita, e Cass. 1/6/1995 n. 6125, in Dir. Econ. Ass. 1995, 973, con le quali è stata eclusa l’applicabilità dell’art 2051 c.c ai proprietari di alberghi per i danni subiti da clienti caduti rispettivamente nella hall, su un tappeto e nella doccia).
Questo giudice ovviamente ben conosce che il giudice di legittimità, in altri casi, si è discostato dall’orientamento tradizionale, ritenendo applicabile la presunzione di cui all’art. 2051 c.c. nel caso di un arbitro di calcio che, mentre faceva la doccia dopo la partita, si era ferito con la scheggia di un lavabo rotto, rimasta infissa nel muro (Cass. 23/10/1990, n. 10277, in Arc. Civ. 1991, 444, citata anche da parte attrice); cosi come nel caso di un giocatore di tennis che si era procurata una distorsione ponendo il piede in una piccola buca esistente sul campo (Cass, 28/10/1995, n. 11264, in Foro it. Mass., 1995). In ambedue queste decisioni, la Corte giustificò l’applicabilità dell’art 2051 c.c. ritenendo che la presunzione operi non solo quando il danno sia arrecato “dalla cosa”, ma anche quando sia arrecato “dalla cosa” in concorso con altri fattori causali.
Tuttavia questo tribunale ha aderito ed aderisce all’orientamento tradizionale, in quanto nelle due decisioni da ultimo citate – criticate da autorevole dottrina – sembra annidarsi un vulnus logico: se la cosa inerte, per arrecare danno, necessita del “concorso di altri fattori causali”, è evidente che sono questi ultimi, e non la cosa, a costituire l’eziogenesi dell’evento dannoso, che senza di essi non si sarebbe verificato. La tesi sostenuta nelle due sentenze di legittimità da ultimo citate, inoltre, sembra provare troppo: ove, infatti, si ammettesse l’applicabilità dell’art. 2051 c.c. anche con riferimento ai danni arrecati da cose inerti suscitate dall’uomo, l’art 2051 c.c. diverrebbe norma di applicazione generalissima e costante, con esclusione dei soli casi di danni corpore corporibus illata (così, ad esempio, chi è stato picchiato con un bastone altrui potrebbe invocare l’art. 2051 c.c. nei confronti del proprietario del bastone: l’evidente reductio ad absurdum suscita serie perplessità sul principio affermato nelle due sentenze di legittimità che precedono).
Infine, è opportuno aggiungere che ritenere applicabile l’art. 2051 c.c. ad ipotesi come quelle di specie produrrebbe una inammissibile conseguenza: tutti coloro che, a qualsiasi titolo, entrino in contatto con cose altrui, potrebbero omettere di usare qualsiasi prudenza od attenzione nell’usarne, invocando poi la presunzione di legge (difficilissima da superare, in quanto richiede la prova positiva del caso fortuito o del fatto del terzo) per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti. Così, ove si condividesse la tesi sostenuta dagli attori, la presunzione di cui all’art. 2051 c.c. potrebbe essere invocata:
- da colui che, ioci causa, decida di salire di corsa ad occhi chiusi una rampa di scale;
- da colui che decida di estrarre a mani nude un oggetto dal fuoco dell’altrui caminetto;
- da colui che si diverta a congiungere tra indice e pollice i poli positivo e negativo del circuito elettrico dell’altrui abitazione.
Anche in questo caso l’evidente reductio ad absurdum, palesando la non condivisibilità della conseguenza, dimostra la fallacia della premessa.
Deve pertanto concludersi ribadendo che, secondo l’orientamento prevalente del giudice di legittimità, di questo tribunale e della giurisprudenza di merito, l’art. 2051 c.c. può trovare applicazione soltanto quando il danno sia stato arrecato o dal dinamismo intrinseco della cosa stessa ovvero da un agente dannoso in essa insorto. Deve invece escludersi l’applicabilità dell’art 2051 c.c. nelle ipotesi in cui lares abbia avuto un ruolo del tutto inerte e passivo nella causazione del danno, come appunto nel caso di cadute o scivolate sull’altrui pavimento, sulle altrui scale, nell’altrui esercizio commerciale, eccetera. In questo senso si vedano, ex permultis:
-) per la giurisprudenza di legittimità, Cass. 3408/69; Cass. 2020/70; Cass. 987/72; Cass. 280/75; Cass. 506/76; Cass. 3364/78; 5133/78; Cass. 6148/79; Cass. 5083/94; Cass. 6125/95;
-) per la giurisprudenza di questo tribunale, Trib. Roma 20/4/2002, Lauro c.Condominio P.zza Sanmicheli 3; Trib. Roma 27/3/2001 in Giurispr. romana, 2001, 255; Trib. Roma 28/10/1998, Lonigro c. S.I., inedita; Trib. Roma 24/10/1996, Ricci c. de Fazio, inedita; Trib. Roma 7/1/1997, Mazzotta c condomino v. Teano 247, inedita; Trib. Roma 3/2/1997, Sabatini c. condominio v. suor C. Donati 15/a,inedita; Trib Roma 5/6/1997, Ripani c. condomninio v. L. Maroi 31, inedita; Trib. Roma 30/6/1998, Giagu c. Condominio v. Foster 121, inedita;
-) per la restante giurisprudenza di merito, Pret. Roma 20/3/1997, in Giurispr. Romana, 1997, 248; Trib. Cassino 6/8/1997, ivi, 1997, 425.
4.Esclusa l’applicabilità dell’art 2051 c.c., residuerebbe la possibilità che la responsabilità del condominio si possa fondare sul generale precetto del neminem laedere, ex art. 2043 c.c.. Tuttavia l’attrice, nell’atto di citazione, non ha nemmeno prospettato l’esistenza di un pericolo occulto od insidia e cioè di una conformazione dei luoghi oggettivamente pericolosa e soggettivamente non visibile.
Ne consegue che la domanda come formulata va rigettata…”omissis.
Tribunale di Roma, Sezione XIII, sentenza n. 34220 del 28/12/04, Giudice Dr. M. Rossetti, inedita.
Sempre in tema di danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c. una recente sentenza della Corte di Appello di Roma ha così riassunto gli attuali principi statuiti in materia dalla Suprema Corte di Cassazione:
omissis…. “In punto di diritto, questa volta, deve notarsi come i Giudici di legittimità secondo il loro più recente insegnamento:
-abbiano ritenuto di dover assoggettare episodi come quelli sottoposti all’esame di questa Corte invece che alla normale responsabilità da atto illecito (art. 2043 c.c.) a quella per i danni cagionati da cose in custodia (art. 2051 c.c.), soprattutto allorquando la Pubblica Amministrazione, proprietaria del bene, abbia un effettivo e diretto controllo dello stesso a cagione della collocazione fisica (ad esempio, come nel caso di specie, nell’ambito del centro cittadino);
-abbiano affermato che il custode, per liberarsi dalla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2051 per danno cagionato dalla cosa, deve provare che esso si sia verificato per caso fortuito, tale da impedirgli di prevenire l’evento dannoso o di ridurne le conseguenze, dovendo altrimenti rispondere almeno per la parte di danni che avrebbe potuto evitare (v. Cass.1 ottobre 2004 n. 19653 e 27 gennaio 2005 n. 1655);
-abbiano chiarito che, in tema di ripartizione dell’onere della prova, all’attore spetti provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l’esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno ( che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità ( v. Cass. 6 febbraio 2007 n. 2563)…”omissis.
Corte di Appello di Roma, Sezione I, sentenza n. 5183 del 10.12.2007, Consigliere Dr.Sabeone, inedita.
Sul nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, ai fini dell’applicabilità dell’art. 2051 c.c , v. Cass. 28/11/2007 n. 24739 in Danno e Responsabilità n. 2/2008 pag. 203.